Tracce | Galleria Dino Morra | Set up Bologna

 


testo a cura di Chiara Pirozzi

Non c'è errore nell'assenza dell'immagine e neppure nel velamento delle opere. L'inesattezza non risiede nella materia teorica o nella forma pratica, né nella scrittura del pensiero poi scomposto. L'errore cercato sta nella manualità del fare, un'artigianalità che sfrutta la specificità ausiliare della quadrettatura simmetrica della carta per abolire ogni relazione significante fra le parole scritte. L'incombenza dell'artista è adesso cancellare ogni traccia di quello che, in un attimo di volubilità del gesto, è stato tradotto dal pensiero indicibile alla scrittura rivelata, spostandosi inevitabilmente dal mio al nostro. Si tratta di segreti confessati, tuttavia soffocati nell'irrisolutezza di un conflitto duale, costruito nel bilico fra l'esposizione del proporsi artistico e il trattenersi dell'intimità taciuta. Francesco Bertelè forgia il corto circuito, traducendo la sospensione comunicativa in essere nei lineamenti di un codice arbitrario, la cui interpretazione diviene la svalutazione di ogni senso autorale dell'opera. L'artista concede solo le tracce della propria indole, condizionando formalmente la fruizione, la riproducibilità e la comprensione del messaggio originale. Non ci sono divieti né censure, ma solo il rispetto del sottile equilibrio tra il possesso dell'opera, la sua autenticità e la custodia del pensiero.
L'operazione compiuta da Francesco Bertelè segue un ordine auto-imposto, le cui regole trasformano l'atto artistico in un esercizio stilistico, linguistico e concettuale allo stesso modo. E' dunque forte la tensione tra la pura progettazione e la ripetizione tecnica della scomposizione modulare della parola scritta e la sua traslazione verso un glossario soggettivo altro, carico per questo delle tracce di un intimo affanno. L'artista è pienamente cosciente dell'impossibilità di cancellare risolutivamente l'istintiva espressione del proprio nascosto, una consapevolezza che si traduce nella forte volontà di mostrare se stesso oltre l'apparente chiusura comunicativa.
Le Tracce di Francesco Bertelè segnano un percorso personale, caratterizzano un pensiero, lasciano un segno e plasmano un senso solo in parte sbiadito. Le opere si vivificano, si arricchiscono e producono valore contaminandosi fra loro, attraversandosi in forme differenti. Le Tracce denotano possibili itinerari di segni da intendere e interpretare, restituendone una prova più che mai sostanziale del pensiero velato. Le Tracce sono allora più evidenti di ciò che sembrano, sono forse più espressive di ogni proposizione sintattica e probabilmente sono più incisive di ogni segreto manifestato.
Il rapporto pragmatico tra il significato dell´enunciato, l'intenzione dell'artista e il risultato visivo si traduce in un gioco in cui la negazione dell'interpretazione dell'opera da parte del pubblico torna a essere un proporsi pieno e consapevole dell'artista e uno svelamento per impronte del proprio essere. Lo scorporo semantico non è dunque dissoluzione assoluta del segno e del senso, ma costituisce solo un'alterazione percettiva ed emotiva dell'inconfessabile originario.


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